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VICENDE
STORICHE E RESTAURO |
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Dopo
la caduta della Repubblica e il breve
intervallo del Governo provvisorio, con il
rientro delle truppe di Napoleone cominciò
la lunga dispersione del patrimonio
veneto. Col decreto del 8 Aprile 1806
molte chiese e conventi vennero soppressi
e durante il trasferimento dei religiosi
in altri conventi, gli immobili vennero
svuotati delle opere d'arte che furono
distrutti o usati in altri modi.
I motivi delle cause che portarono alla
dispersione delle opere d'arte furono: i
problemi economici e la gestione degli
istituti religiosi. Uno dei conventi che subì
questo fu il convento di Ognissanti che
dopo un anno era privo di ogni arredo e
assunse la funzione di caserma per un
contingente russo in transito e la chiesa,
usata dalle truppe, divenne ortodossa
mentre le religiose erano a S. Teonisto. A
Pietro Edwards, personaggio di spicco
sulla scena culturale veneziana, già
Ispettore alle Pubbliche Pitture della
Repubblica, e direttore del moderno
laboratorio di restauro di S. Giovanni e
Paolo fu affidata la scelta dei beni da
rimuovere dai luoghi sacri, da selezionare
a disposizione della corona sia per essere
trasferiti a Parigi che a Milano, capitale
del napoleonico regno d'Italia, o a
Venezia, o da inserire nell'istituto
Demanio Pubblico Veneto, o ancora da
lasciare liberi per essere venduti. Così
tutte le opere destinate al Demanio delle
provincie, inventariate con la sigla
D.P.V. e un numero, sul retro, ma spesso
anche sul davanti della tela, furono
riunite prima a Padova, e successivamente
trasferite a Venezia nei depositi
Demaniali.
Quando il dominio del Veneto passò di
nuovo sotto gli austriaci che vennero
visti come liberatori, furono riaperte
molte chiese al pubblico anche se però fu
quasi impossibile ricostruirne l'intero
patrimonio degli arredi. Nel periodo della
dominazione austriaca i beni erano
proprietà dello stato che li riassegnò
ad altri edifici religiosi anche fuori dei
confini del Veneto.
Nel 1838 infine, fu redatto un elenco dei
quadri del demanio " … I quali
furono prescritti in forza di un sovrano
comando, di essere spediti…" alla
galleria del Belvedere e alla Gemäldegalerie
des Kaiserhauses di Vienna.
A volte la documentazione del deposito era
poco precisa e quindi si sono perse alcune
opere d'arte, ma grazie alla sigla sulla
tela segnata durante le operazioni di
restauro siamo riusciti a ricostruire un
pezzo della storia veneta.
La storia delle migrazioni del dipinto di
Ognissanti dopo la soppressione del
convento è invece fortunatamente ben
ricostruibile. Si suppone che quest'opera
d'arte dovesse essere inviata a Milano però
nel 1838 venne di nuovo selezionata tra le
opere rappresentative di Venezia.
Soltanto nel 1919, dopo il trattato di S.
Germain, una parte delle opere che ancora
erano rimaste a Vienna venne
restituita nel 1866 a Venezia. E Luigi
Coletti, in un articolo sul ricostituendo
museo di Treviso, ipotizzava di portare la
tela in città e di esporla nella sala del
tardo cinquecento, testimone di un
frammento della Treviso scomparsa.
Il deposito fu concesso dalla
Soprintendenza di Venezia dalla quale
dipendono i beni demaniali. Al momento
della soppressione la tela non era in
ottime condizioni e subì un restauro che
non si interessò molto alle figure dei
santi ma al paesaggio perchè presentava i maggiori
danni.
Si tratta infatti della zona ridipinta dal
Pozzoserrato sulla preesistente pittura di
Jacopo Bassano, lavoro eseguito direttamente sul colore sottostante, senza
frapporre alcuna preparazione.
Poco più di un secolo dopo si era dovuti
intervenire di nuovo con una serie di
consolidamenti e stuccature.
Il quadro poneva una serie di
interrogativi, primo fra tutti se
l'intervento di Pozzoserrato era
effettivamente dipinto su un preesistente
colore di Bassano o se avesse completato
un dipinto.
Appare dalle analisi chiaramente
individuabile l'aggiunta del Pozzoserrato
al dipinto e la successiva ridipitura
ottocentesca .
Il dipinto è risultato così pienamente
leggibile nei suoi diversi momenti,
permettendo di ricostruire, attraverso la
storia delle sue varie vicende, un momento
della storia di Treviso.
(
informazioni
tratte da un articolo di Adriana Augusti ) |
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